Il ritorno di Davide dal Col a nome Antikatechon è coerente con il titolo scelto e lascia spazio a voci fuori dal tempo, sontuose e magiche in una nebbia sonora oscura come un passaggio fra realtà ed ultraterreno. Sale e si inerpica dove la luce si fa bianca, l’aria viene a mancare e lo scenario cambia.
I cinque movimenti di Echoes from the Aureate Heavens sembrano essere rappresentazioni in movimento di scenari epici fuori dalla grazia dell’umanità, con bordoni ad avvilupparsi su se stessi come flussi di energia scalpitante in Die Offenbarungsmaschine, una macchina rivelatoria che svela una costruzione sonora giro su giro, in continuo movimento come un vaso sopra ad un tornio che impercettibilmente si modifica al tatto. Quella di Antikatechon è musica crepuscolare, oscura talvolta: dark-ambient che si prende il suo tempo per dispiegare le sue ali, prendendo un salmodiare ritmico al quale si aggiungono quel che sembrano versi in russo per un tocco di sacrale ambiente. È un racconto sui massimi sistemi che tramite suoni, immagini evocate e lenti movimenti foraggia un senso di meraviglia all’ascolto. A tratti accarezza l’idea di una musica new age ante litteram, quasi ante homini per la calma placida con la quale ci trasmette questi echi. Echi che, quasi per processo di sonificazione, si esprimono convertendo dati astronomici in quasi un’ora di oscuro viaggio astrale. Non un disco semplice nella sua fruizione ma che ripaga con un suono che pare in continua evoluzione, proprio come l’universo, grazie a dio.
(Vasco Viviani)
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