Il secondo lavoro degli Antikatechon, progetto in mano interamente a Davide Del
Col, è una lenta agonia in musica dilatata nel dolore e nel sempre eterno
dualismo tra il bene ed il male. Binomio visto ed interpretato con un dark
ambient che imita le gesta dei Raison D’Etre e dei Kirlian Camera più gelidi e
nichilisti. I movimenti di questo ‘Chrisma Crucifixorum ‘ sono sei. Numero che
ha un certo significato dogmatico. Quanto è dogmatico il resoconto sonoro che si
dipana ascoltando tali litanie di rumore ancestrale. Una fede che bisogna
perseguire con l’amore più puro e disinteressato verso sonorità profonde cariche
di significati spirituali. I synth si muovono per scavare in profondità e creare
un substrato di rumore che porta l’ascoltatore in meandri cupi e desolati.
Sembra di essere in un anfratto medioevale, vittime di una macchina di tortura
pronti ad espiare colpe e confessare reati mai commessi. Si odono in lontananza,
fraseggi di chitarre classiche e percussioni che danno un sapore ancor più
misterioso, contrapposte a rumoristica d’avanguardia al limite del ritualismo
tanto caro ai sempre compianti Coil. Ci avviciniamo a situazioni quasi
isolazioniste con drone che annichiliscono e tormentano le carni. Siamo al
cospetto di un’opera che non ha dinamicità ma che offre uno spettro sonoro
tutt’altro che statico. Un quadro fatto di tinte forti dove anche il più piccolo
rumore ed il minimale arrangiamento hanno una carica emotiva devastante. Un
album che regalerà dolore ma che servirà per purificare l’anima attraverso
l’espiazione dei propri peccati. Attraverso il martirio dei sensi.
(Gabriele Oltracqua)
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