Esce per la polacca Rage In Eden il secondo lavoro di lunga durata di Antikatechon, giovane progetto gestito dall'italiano Davide Del Col, noto nell'ambiente per vari act: dal più datato Ornament alle recenti collaborazioni Echran e Molnija Aura. Antikatechon riprende e rielabora echi della cristianità a partire già dal nome, che indica una presenza collegata alla figura dell'Anticristo, continuando con grafica e titoli in latino che ci portano verso cattedrali antiche entro cui si celano oscuri enigmi. I sei brani di "Chrisma Crucifixorum" si basano essenzialmente su due soluzioni stilistiche che si dividono lo spazio di ogni traccia: una vede l'accumulo di rumori o drones incastonati in maniera da costruire un'atmosfera plumbea in crescendo, l'altra incentrata su temi melodici di synth che possono riprendere le tonalità di uno strumento classico o mantenere un sound prettamente sintetico. L'iniziale "Altaria Expiationis" ha un avvio tipicamente dark ambient, con una stratificazione di suoni lenti e catacombali che rimandano a mura umide e antiche: l'oscurità viene tinta di malinconia quando, nel finale, interviene un arpeggio sorretto da un gelido giro di tastiera. La medesima struttura caratterizza la lunga "Delubra Vexatorum", divisa in una prima tranche fatta di rumori, rintocchi e voci in lontananza, ed una seconda parte in cui dei freddi synth sembrano voler cullare misteri ancestrali. "Violatio Sigillorum" è forse il momento più vario in un album comunque sempre fedele agli stessi schemi: l'inizio vede le atmosfere torbide scandite da rintocchi ritmici, con in sottofondo un lieve motivo che si fa spazio prima dell'arrivo di un monumentale tema in stile Kirlian Camera, tanto gelido quanto pieno di dolore. I rumori ritmici vengono sfruttati anche in "Convivium Vulturum", mentre i livelli catacombali raggiungono il loro apice nell'apertura di "Cunabula Improbitatis", chiusa ancora una volta da una melodia fredda e circolare. L'epilogo è affidato ai drones ventosi della title-track, cui si sommano echi sintetici che vanno a mimare voci soffiate da una triste bufera. Gli antri descritti dai brani sembrano simulare tanto gli interni delle cattedrali quanto il dolore di una mente umana, sempre segnati da un velo di profonda malinconia. Il sound di Antikatechon si impegna ad arricchire la dark ambient più classica, aggiungendo quel velo di gelo e tristezza che possiamo ritrovare in Raison D'Être, ma anche in alcune produzioni di ambient isolazionista sulla scia di etichette come la Glacial Movements. Una buona colonna sonora per situazioni uggiose e cupe reminiscenze.
(Michele Viali)
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